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Marrakech - Marocco

1° giorno ​​- partiamo da Malpensa alle 6.50 con un volo Easyjet (130 € andata e ritorno), dopo 3 ore e mezza scarse siamo all’aeroporto di Marrakech. Appena usciti cambiamo i nostri euro perché la valuta locale, dirham, non viene fatta arrivare dalle nostre banche italiane.

Ad attenderci c’è un taxi, prenotato dall’Italia, al costo di 150 dhr a tratta.
Arriviamo al Riad Alnadine dove paghiamo l’intero ammontare per 5 notti per 2 persone 250 € per una c
amera con bagno privato, colazione, una cena ed un corso di cucina marocchina.
Il riad è una tipica casa marocchina con un portico al piano terreno che si apre su una fontana (nel nostro caso una piccola piscina), al primo piano ci sono le stanze, affacciate sull’interno perché non era conveniente che le donne mussulmane si mostrassero agli estranei, un bel terrazzo sul tetto completa il tutto. Entrare i uno di questi riad, permette di lasciar fuori tutto il caos dei vicoli e di accedere ad un piccolo angolo di paradiso.
Dopo esserci sistemati usciamo subito con Alan, il proprietario del Riad, che ci accompagna alla piazza centrale, la celebre Jemaa el Fna, che è il cuore pulsante della città. Contrariamente al suo aspetto il suo nome vuol dire “luogo dei trapassati” perché proprio qui venivano giustiziati i nemici e la loro testa veniva mostrata al popolo. Ora invece è molto viva ed è ricca di giocolieri, incantatori di serpenti, donne che disegnano gli henné e bancarelle di arance. La notte si trasforma in un enorme ristorante all’aperto e i banchetti di artigianato lasciano spazio a quelli gastronomici.
Fin da subito l’orientamento non risulta essere una delle cose più scontate, come suggerisce la nostra guida, è necessario fare attenzione perché le strade sono tante, non tutte hanno un nome e quelle che invece ce l’hanno, ne hanno spesso uno doppio, sempre rigorosamente scritto in arabo. Sentendolo raccontare non ero spaventata, anzi divertita, ma viverlo è diverso.

 

MUSEO DI MARRAKECH e ALI BEN YOUSSEF MEDERSA
Andiamo a pranzare in uno dei ristorantini affacciati sulla piazza, è sicuramente uno dei più economici, ma non dei più puliti. Ci dirigiamo allora verso i suq (mercati) e con un po’ di fortuna riusciamo a raggiungere la scuola coranica di Ali Ben Youssef Medersa, dove acquistiamo un biglietto cumulativo valido anche per il Museo di Marrakech al costo di 50 dhr.
Il museo è un po’ spoglio, ma la struttura è un bel palazzo in stile marocchino e vale la pena di una visita, lo stesso si può dire per la Medersa.
Pare che nei pressi ci fosse anche Fontane Chrob ou Chouf, una fontana patrimonio dell’Unesco, ma non l’ho trovata e da ciò che ho sentito non vale comunque una visita.


Dopo un lungo vagare ci perdiamo, poi ritroviamo la strada, ceniamo al ristorante 7 Santi, sempre in piazza Jemaa el Fna, poi ci perdiamo di nuovo. Ci vogliono due ore per raggiungere di nuovo il riad e anche se gli abitanti locali sono molto tranquilli, ammetto che girare per strade sconosciute al buio, mi ha messo un po’ di agitazione.

 

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2° giorno – non appena usciti dal riad, ci siamo già persi di nuovo. Incontriamo una coppia di “angeli” spagnoli che ci aiuteranno a trovare la strada per tutto il resto della giornata, casualmente avevano previsto lo stesso nostro percorso e siamo riusciti a farlo insieme.
Vediamo per primo il palazzo de la Bahia, quindi le Tombe Saadiane, il palazzo el Badi e il palazzo Dar Si Said (il costo di ingresso per ognuno è 10 dhr), attraversando la Bab Agnaou, unica sopravvissuta delle antiche porte della città.

 

TOMBE SAADIANE
Le tombe sono carine, forse avevo letto dei commenti troppo lusinghieri in proposito. Sono nascoste dietro una moschea nel tentativo di un sultano di cancellare la memoria del suo predecessore. Sicuramente sono un bell’esempio dell’arte araba e sono particolarmente raffinate, meritano una visita.

 

PALAZZO DELLA BAHIA e DAR SI SAID

Il palazzo della Bahia e il Dar Si Said, meritano, come per il Museo di Marrakech, una visita più per la struttura che per i contenuti. In particolare, il secondo, dovrebbe contenere una collezione di arte marocchina, difficile da individuare. All’interno c’è un lussureggiante giardino andaluso con alberi carichi di arance. Da notare ci sono anche le splendide decorazioni con le piastrelle zillij che creano dei disegni e dei motivi davvero impressionanti.

 

PALAZZO EL BADI
In ultimo c’è forse il palazzo che mi è piaciuto di più, el Badi, si tratta delle rovine di un’antica residenza. Quindi già il termine “rovine” di per sé non crea troppe aspettative. Costruito in più di 25 anni, durò un solo secolo, prima di essere completamente spogliato delle sue ricchezze.
Impressionante per le dimensioni e per la colonia di cicogne che vi alloggia. Qua e là c’è qualche resto di piastrellatura, ma niente che possa competere con quelli che abbiamo visto negli altri palazzi, danno solo una vaga idea dello splendore che poteva avere un tempo. La vasca interna era vuota per manutenzione, purtroppo, perché sarebbe stato piacevole vedere il riflesso del palazzo nelle sue acque. I giardini hanno la particolarità di essere al di sotto del livello dell’acqua, così chi è immerso nella vasca può vedere le chiome degli alberi alla stessa altezza. Dalla terrazza si gode la vista dei tetti della città e soprattutto quella del grande Atlante innevato che fa da cornice al palazzo. Purtroppo la sua fine è stata dettata dall’accanimento di un sultano che, come per le Tombe Saadiane, voleva annientare la memoria di chi lo aveva preceduto.
Intravediamo appena Dar el Makhzen, la residenza invernale della famiglia reale, tutt’ora in uso e perciò non visitabile.


Ormai nel pomeriggio torniamo alla piazza e pranziamo nuovamente nel ristorante della sera precedente, che ci ha colpito per la gentilezza e la cortesia dei camerieri, nonché per un livello accettabile di pulizia. Non lasciamo calare il sole su questa giornata perché vogliamo ripercorrere la strada verso il riad con la luce.
Ceniamo al nostro riad con le celebri pastilla di pollo, cannella e zucchero a velo, tajine di pollo e un piccolo dolce fatto dalla proprietaria.

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3° giorno – Alan si offre di accompagnarci con la sua auto fino ai giardini di Majorelle, un po’ fuori città. Il costo è di 50 dhr per l’ingresso.

 

GIARDINO DI MAJORELLE

Il giardino prende il nome dall'artista francese Jacques Majorelle che scelse nel 1919 Marrakech come dimora. Qui si fece costruire una villa in stile liberty le cui pareti furono dipinte di un colore blu intenso che, ancora oggi, viene chiamato "blu Majorelle" e che poi acquisteremo in pigmento da portare a casa. Fu un gran collezionista di piante provenienti da tutto il mondo che circondarono, ben presto, la sua abitazione. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1962, la villa e il suo giardino rimasero abbandonati fino al 1980, quando fu acquistata da Yves Saint-Laurent e Pierre Bergé che, dopo un restauro, la riaprirono al pubblico. A Saint-Laurent è dedicato un piccolo monumento con colonna all'interno del giardino. Le sue piccole dimensioni e il grande afflusso di turisti non permettono di dedicargli l’attenzione che merita, resta una visita piacevole, ma non una visione sorprendente. A parte il tipico blu di cui se ne trovano rimandi in tutta la proprietà, è un giardino abbastanza comune. Cerchiamo poi di raggiungere il giardino ed il padiglione della Menara ed è un impresa tutt’altro che semplice perché dista poco meno di 8 km e non sappiamo quale autobus prendere, così decidiamo di farla a piedi.

 

Siamo nella zona ricca della città e le strade sono come le nostre europee, ampie con i cartelli ed i semafori. Non è per nulla difficile raggiungere il nuovo giardino, ma fa caldissimo ed il sole scotta. Nel tragitto possiamo osservare la stazione del treno della città, molto carina, come per l’aeroporto, si è scelto uno stile moderno, ma con un’impronta tipica del Marocco. Di fronte si trova il teatro con un bellissimo giardino all’aperto. In questo quartiere non vi sono i vecchi riad, ma solo residence moderni. I mercati lasciano spazio a ristoranti più eleganti e, come dice la nostra guida in proposito, in alcuni locali della Marrakech ricca, si spende per un cocktail più di quanto una famiglia marocchina spende in una settimana per mangiare. Non sono proprio luoghi adatti a noi.

 

GIARDINI DELLA MENARA
Arriviamo finalmente alla Menara e ancora dopo aver varcato l’ingresso (gratuito) c’è un lunghissimo viale da percorrere. Al centro del parco vi è un grande specchio d’acqua artificiale, che anticamente veniva utilizzato per irrigare gli ulivi e una piccola costruzione, oggi inutilizzata ma visitabile, caratterizzata da un tetto verde. Su un lato nord di questo specchio d’acqua vi è un gradinata e nei giorni limpidi è possibile vedere la catena montuosa dell’Atlante. La particolarità di questo parco è proprio quella di offrire ai visitatori l’immagine del padiglione e dell’Atlante che si specchiano nell’acqua. Purtroppo per noi vi era molto vento e le acque erano increspate, così non abbiamo goduto della vista e siamo tornate indietro con un’opinione piuttosto mediocre del posto che, a parte il padiglione e la vasca, non ha molto da offrire.

Usciti dal parco vediamo il minareto della Koutoubia proprio di fronte a noi, una strada lunga 3 km collega i due luoghi ed è tutta dritta. Troppo stanche per un’ulteriore lunga passeggiata, decidiamo di prendere il bus 11 (o 18) che va in quella direzione. Non vi è una fermata come quelle a cui siamo abituati, ma si ferma a chiamata, più o meno a destra dell’entrata del cancello, nella corsia opposta. Così attendiamo un po’ e riusciamo a prenderlo.

 

LA MAMOUNIA

Ci fermiamo prima della moschea perché vogliamo visitare il celebre albergo La Mamounia. Permettono ad i turisti di entrare anche solo per visitarlo ed è a questo che probabilmente devono la loro fama.  Se fossi un cliente dell’albergo a mollo nella piscina mi darebbe enormemente fastidio che una massa di turisti entri nel mio hotel a 5 stelle (pagato in proporzione) e che mi riempia di fotografie, ma mi trovo nella posizione opposta perciò godo dell’opportunità e lo visito. Il complesso è indubbiamente molto bello, con un giardino curato come un campo da golf. Ad aprirci la porta c’erano ben quattro dipendenti, molto gentili. L’arredamento mi ricordava un misto tra Belle Epoque ed Art Deco, sicuramente aveva fascino, ora che il vintage è tornato di gran moda, ma non posso far altro che pensare a quanto doveva essere “vecchio” qualche anno fa. Mi spiego, è senz’altro un albergo molto bello ed elegante (bè se fosse elegante davvero probabilmente sarebbe vietato l’acceso ai turisti o quantomeno limitato), però a differenza dei riad in stile marocchino che non invecchiano e sono sempre attuali, questo risente del passare del tempo ed è del tutto decontestualizzato dal resto della città, si potrebbe trovare in qualsiasi città europea. Ammetto che non ne sono rimasta così affascinata, anche è un albergo indubbiamente molto bello (costa anche 1000 € a notte).

 

KOUTOUBIA
Per finire la nostra giornata ci dirigiamo verso la Koutoubia, la moschea è chiusa ai non mussulmani, ma si possono visitare i suoi giardini che sono piacevoli. Protagonista indiscusso è il grande minareto, un tempo l'intonaco dipinto e le decorazioni a zellij coprivano tutta la superficie del minareto mentre oggi le piastrelle sono quasi scomparse. Ci riposiamo un po’ all’ombra di un arancio in fiore e poi torniamo al riad.
Per la cena decidiamo di concederci un ristorante chic, visto che per gli ultimi pranzi abbiamo mangiato con una media di 5 o 6 € in due. Siamo indecise tra il Mama Ti Lee ed il Pepenero, ma quest’ultimo ci viene consigliato anche da Alan e Nadine. l ristorante è uno dei più famosi di Marrakech e, sebbene sia molto più costoso della media dei ristori nella medina, una cena per due persone ha un costo di 50 €, che per noi europei è più che accettabile.

 

Abbiamo fatto prenotare dal nostro riad sapendo che spesso non si trova posto, la proprietaria ha sottolineato che stavamo festeggiando una laurea e chi ha preso la prenotazione ha detto che per avvenimenti particolari avrebbero offerto il dolce (così come pubblicizzato sul loro sito internet) e che così sarebbe stato per noi.
Arriviamo all'orario concordato, ma subito ci viene detto che non vi è alcuna prenotazione a nostro nome (Nadine aveva prenotato telefonicamente davanti a noi), dopo un po' di confusione ci è comunque stato assegnato un tavolo interno.
Abbiamo preso due antipasti marocchini e due primi di pasta fatta in casa, tutto perfetto e squisito. L'aperitivo con prosecco ci è stato offerto insieme ad un piccolo tortino salato.
Al momento del dolce ci hanno detto che l'avrebbero offerto solo per matrimoni e compleanni, il che ci ha un po' deluso perché non è quello che ci era stato detto alla mattina, durante la prenotazione.
Nel complesso il locale è ottimo, il cibo squisito e non caro di certo, però mi è dispiaciuto per il servizio, anche se il cameriere è stato per tutta la sera molto gentile, non posso dirmi pienamente soddisfatta. All’uscita del ristorante troviamo Alan che ci è venuto a prendere per non farci tornare a casa da sole la sera. Veniamo proprio considerati come figli loro.

4° giorno – decidiamo di visitare i suq per tutto il tempo che ci separa dal nostro corso di cucina, alle 17. Così andiamo alla piazza Jemaa el Fna (ormai conosciamo la strada benissimo) e ci addentriamo nei mercati. Teoricamente dovrebbero essere suddivisi in quello delle pelli, delle babbucce, delle spezie, della frutta secca, dei fabbri e le concerie, ma non è proprio così. C’è una teorica divisione, ma ogni cosa si trova ovunque. I prezzi sono molto indicativi, come in tutti i mercati africani si contratta fino a scendere ad un quinto del prezzo richiesto, a volte si riesce e a volte si scampa solo un terzo del prezzo, ma va bene ugualmente. Ci tenevo molto a vedere le concerie che le immaginavo un po’ come uno scorcio di Medioevo, ma sono molto lontane, per entrarvi è necessario pagare qualcuno e da quello che sono riuscita a vedere non sono quelle che mi immaginavo (per le quali probabilmente bisogna raggiungere Fez).
Alle 4 torniamo al riad cariche di artigianato locale e ci godiamo un tè alla menta nella splendida terrazza. Andiamo poi con la chef Sakina a fare la spesa al mercato. Cucineremo cus cus con verdure e pollo. Le bancarelle sono di dubbia igiene, ma Sakina pulirà con molta attenzione tutto ciò che compriamo. Assistiamo ad una piccola discussione in francese su dove acquistare pollo fresco e alla fine vediamo portate in una bancarella che vende polli vivi, prelevati dalla gabbia, soppressi al momento e puliti con una velocità meccanica. Ci viene consegnato il sacchetto grondante di sangue e mi sento svenire. Il corso di cucina si trasforma in un incubo. Ogni cosa che faccio, non mi distoglie il pensiero dal pollo. So che è una cosa normale e che non dovrebbe impressionarmi, ma non me l’aspettavo e non posso fare a meno di pensarci in continuazione. Piano piano mi riprendo perché il profumo del cus cus comincia a coprire quello dolciastro del sangue che si è impregnato nelle mie narici. Quando tutto è pronto andiamo a gustarci il piatto nella terrazza illuminata dalle lampade. Non è semplice mangiare in verità, ma non me la sento proprio di lasciare nel piatto quello che Sakina ha cucinato con tanto impegno e che Nadine ci ha comprato.

5° giorno – la notte è passata sognando galline, ma ormai mi sono ripresa del tutto. La mattina la passiamo nella terrazza del riad, sulle sdraio sotto l’ombrellone a leggere un libro. La colazione è stata, come tutte le altre, abbondantissima e saltiamo direttamente il pranzo.

 

HAMMAM CLEOPATRE

Alle 4 abbiamo prenotato all’hammam Cleopatre. La cifra richiesta sarebbe di 55 € o 550 dhr (che chiaramente sono molto meno di 55 €, circa 49 €, conviene sempre pagare con la moneta locale) per un’ora e mezza di hammam e massaggio, ci offrono anche la possibilità di avere lo stesso pacchetto ridotto ad un’ora per 400 dhr e accettiamo. Ci vengono fornite ciabatte e accappatoio e iniziamo dall’hammam che è una specie di sauna non caldissima, nella quale la permanenza non è così sgradevole. Ci sono solo due posti e una massaggiatrice che prima ci coccola con l’olio, poi passa al gommage, che è una specie di scrub con il sapone nero. I trattamenti sono molto energici ma si esce veramente rinati. Un piccolo tatuaggio all’henne fatto il primo giorno, con il gommage, è stato definitivamente cancellato. Quella poca abbronzatura che avevamo preso negli 8 km di camminata, sparita, ma almeno abbiamo la pelle liscia come i bambini. Proseguiamo con il massaggio con l’olio d’argan che è stato molto piacevole. Nel complesso siamo stati dentro 1 ora e 45 minuti, non poco come ci avevano detto, ma il prezzo pagato è stato quello pattuito.
La sera abbiamo cenato al solito ristorante nel quale abbiamo provato anche la pizza che non era male e l’ultima pastilla della nostra vacanza. Abbiamo poi deciso di prendere il dolce al bar Aqua, poco distante, perché aveva una piccola terrazza sulla piazza Jemaa el Fna. A guardarsi intorno si trovano moltissimi locali con la terrazza sulla piazza, terrazze anche molto alte dalle quali probabilmente si gode una vista migliore, ma i prezzi non sono sempre competitivi e abbiamo preferito questo bar, piccolo, con una terrazza a media altezza, ma senza turisti. Lo stile è moderno ed essenziale, c’è un menù italiano, ma il cameriere ce ne ha portato uno inglese dicendo che dai nostri nasi bruciacchiati dal sole non si direbbe che siamo italiani. Ordiniamo una crepe ed un dolce marocchino alla marmellata e sono entrambi ottimo. Facciamo qualche foto e intanto vediamo che il sole tramonta sulla piazza e si accendono miriadi di lucine. È proprio un bello spettacolo. Decidiamo poi di finire tutti i nostri dirham alla ricerca degli ultimi oggettini da portare a casa e così riusciamo a prendere qualche piatto per il tajine ed una splendida lanterna con vetri colorati, ne avrei presa molto più di una, il prezzo irrisorio di 200 dhr mi spingeva ancor di più, ma non c’era spazio in valigia e sono stata costretta a limitarmi. Quando cala la notte ed i venditori accendono queste lampade, hanno un fascino speciale ed è impossibile non desiderarle.



6° giorno – Nadine deve partire per la Francia e ci offre di prendere il taxi con lei, risparmiando 5 € su quanto pattuito, paghiamo quindi per l’intera tratta di andata e ritorno per l’aeroporto 25 €, certo erano 250 dhr, molto meno, ma avevamo solo euro e quindi abbiamo pagato così.
L’aeroporto è piccolo e non è difficile girarlo tutto nell’attesa. È stata una piacevole vacanza ad un prezzo molto economico, abbiamo speso all’incirca 300 € a testa, compreso volo e albergo.

 

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